Francisco respondió
a 15 preguntas de los periodistas en el vuelo de regreso de Corea. Ha hablado
de la paz en Tierra Santa, sus futuros viajes, su vida y 'vacaciones' en Santa
Marta. El viaje a México quizás cuando vaya a EU
Sbobinatura
delle risposte di Papa Francesco sul volo Seul-Roma Saluto iniziale del Papa:
«Buon
giorno grazie tante per il vostro lavoro, è stato abbastanza impegnativo e
adesso c'è l’attenzione nel fare questo colloquio. Grazie tante
1)
Le vittime del naufragio del traghetto Sewol e il rischio di essere
strumentalizzato
«Quando
tu ti trovi davanti al dolore umano, tu devi fare quello che il tuo cuore ti
porta a fare. Poi diranno: ha fatto questo perché ha qualche intenzione
politica. Si può dire di tutto ma quando tu pensi a questi uomini e a queste
donne, a questi papà e mamme che hanno perso i figli, fratelli e sorelle... al
dolore tanto grande di una catastrofe il mio cuore - io sono sacerdote, sai -
mi dice che devo avvicinarmi. Lo sento così. So che la consolazione che potrei
dare con una parola mia non è un rimedio, non dà vita nuova a quelli che sono
morti. Ma la vicinanza umana in questi momenti ci dà forza, c’è la
solidarietà. Io ricordo che come arcivescovo di Buenos Aires, ho vissuto due
catastrofi: una era un incendio di una sala da ballo, un concerto di musica pop
e sono morti 193 giovani. Un’altra volta era una catastrofe con i treni credo
che sono mancati 120 persone. In quel tempo ho sentito lo stesso il bisogno di
essere vicino. Il dolore umano è forte e se noi in questi momenti tristi ci
avviciniamo, ci aiutiamo tanto. Io ho preso questo (ha indicato il fiocco
giallo sulla mantellina) l’ho preso per solidarietà con loro. Qualcuno mi ha
detto: è meglio toglierlo, lei deve essere neutrale. Ma quando senti il dolore
umano non si può essere neutrali».
2)
L'aggressione dell'Isis alle minoranze cristiane in Iraq e le bombe americane
«In
questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, soltanto posso dire che è
lecito “fermare” l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo “fermare”, non dico
bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si può fermare
dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo
avere memoria, quante volte sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto
le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto la vera guerra di
conquista. Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore
ingiusto. Dopo la Seconda Guerra mondiale è stata l’idea della Nazioni Unite,
là si deve discutere e dire: c’è un aggressore ingiusto? Sembra di si, e
allora come lo fermiamo? Soltanto questo, niente di più. In secondo luogo, le
minoranze. Grazie per aver usato questa parola. Perché a me parlano di
cristiani, quelli che soffrono, i martiri. E sì, ci sono tanti martiri. Ma qui
ci sono uomini e donne, minoranze religiose, non tutti cristiani, e tutti sono
uguali
davanti
a Dio. Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto che l’umanità ha ma che è
anche un diritto che ha l’aggressore di essere fermato perché non faccia del
male».
3)
La possibilità di una visita in Iraq, nella zona del conflitto
«Io
ho incontrato poco tempo fa il governatore del Kurdistan, lui aveva un pensiero
molto chiaro sulla situazione, come trovare soluzioni, ma era prima dell'inizio
di quest'ultima aggressione. Sono disponibile ad andare in Iraq e credo di
poterlo dire: quando con i miei collaboratori abbiamo avuto notizia di questa
situazione, delle minoranze religiose e anche il problema in quel momento del
Kurdistan che non poteva accogliere così tanta gente. Abbiamo pensato tante
cose. Abbiamo scritto prima di tutto il comunicato che ha fatto padre Lombardi.
Dopo questo comunicato è stato inviato a tutte le nunziature perché fosse
trasmesso ai governi. Poi abbiamo scritto al Segretario generale delle Nazioni
Unite e abbiamo deciso di mandare là un inviato personale, il cardinale
Filoni. Alla fine abbiamo detto se fosse stato necessario, dopo il ritorno
dalla Corea, potevo andare lì, era una delle possibilità. Questa è la mia
risposta: sono disponibile! In questo momento non è la cosa migliore da fare,
ma sono disposto a questo».
4)
Il rapporto tra la Santa Sede e la Cina e la possibilità che il Papa ci vada
(Lombardi:
posso comunicare che siamo sullo spazio aereo cinese in questo momento e quindi
la domanda è pertinente).
«Quando
all'andata stavamo sorvolando lo spazio aereo cinese, io mi trovavo nella
cabina pilotaggio e uno dei piloti mi ha fatto vedere un registro, spiegandomi
che mancavano dieci minuti per entrare nello spazio aereo cinese e dovevamo
chiedere l'autorizzazione - sempre si deve chiedere, è una cosa normale, per
ogni Paese - e ho sentito come chiedevano l’autorizzazione e come rispondevano,
sono stato testimone di quel momento. Il pilota ha detto: adesso partirà il
telegramma, non so come l’abbia fatto, ma l’ha fatto. Poi mi sono congedato da
loro, e sono tornato al mio posto e ho pregato tanto, per quel bello e nobile
popolo cinese: un popolo saggio. Penso ai grandi saggi cinesi, penso alla storia
di scienza, di saggezza... Anche noi gesuiti abbiamo una storia lì... Matteo
Ricci e tutte queste storie derivano da lì. Se io ho voglia di andare in Cina?
Ma sicuro, domani! Noi rispettiamo il popolo cinese. La Chiesa chiese soltanto
la libertà per il suo ministero, per il suo lavoro. Nessun’altra condizione.
Poi non bisogna dimenticare la lettera fondamentale per il problema cinese,
quella che è stata inviata ai cinesi da Papa Benedetto XVI. Quella lettera
oggi è attuale. Rileggerla fa bene. La Santa Sede è sempre aperta ai
contatti, sempre, perché ha una vera stima per il popolo cinese.
5)
I prossimi viaggi e la speranza di vederlo in Spagna, ad Avila, nel 2015
6)
Che rapporto ha con Benedetto XVI?
«Ci
vediamo. Prima di partire sono andato a trovarlo. Due settimane prima mi ha
inviato uno scritto interessante, mi chiedeva un'opinione. Abbiamo un rapporto
normale. Perché intorno a questa idea, che forse non piace a qualche teologo
-io non sono teologo - penso che il Papa emerito non sia una eccezione. Dopo
tanti secoli c'è il primo emerito... La sua rinuncia è stata proprio un bel
gesto, di nobiltà, umiltà e coraggio. Ma io penso: 70 anni fa i anche i
vescovi emeriti erano una eccezione, non esistevano, mentre oggi sono una
istituzione. Io penso che il Papa emerito sia già una istituzione, perché la
nostra vita si allunga e a una certa età non c’è la capacità di governare
bene, perché il corpo si stanca... La salute forse è buona ma non c’è più
la capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della
Chiesa.... Papa Benedetto ha fatto questa scelta. Può darsi che qualche
teologo mi dica che questo non è giusto, ma io la penso cosi. I secoli diranno
se è così o no. E se io non me la sentissi di andare avanti? Farei lo stesso.
Pregherò, ma credo che farei lo stesso. Lui ha aperto una porta che è
istituzionale, non eccezionale. Siamo fratelli, e ho già
7.
Cosa ha provato quando ha salutato stamattina le sette “donne di conforto”? Lei
verrà a Nagasaki il prossimo anno?
«Sarebbe
bellissimo, bellissimo! Sono stato invitato sia dal governo che
dall’episcopato. Le sofferenze... Lei torna su una delle prime domande. Il
popolo coreano è un popolo che non ha perso la dignità. E stato un popolo
invaso, umiliato. Ha subito guerre, ed è diviso. Con tanta sofferenza. Ieri
quando sono andato all’incontro con i giovani, ho visitato il museo dei
martiri. È terribile la sofferenza di questa gente. (Martirizzati)
semplicemente per non aver voluto calpestare la croce. È una sofferenza
storica. Ha capacità di soffrire, questo popolo, è parte della sua dignità.
Anche oggi c’erano queste donne anziane davanti, a messa. Pensare che con
l’invasione sono state da ragazze portate via, nelle caserme, per sfruttarle.
Loro non hanno perso la dignità. Oggi erano lì, mostrando la faccia, donne
anziane, le ultime rimaste. È un popolo forte nella sua dignità. Ma tornando
ai queste cose dei martiri, alle sofferenze, e di queste donne: questi sono i
frutti della guerra! E oggi noi siamo in un mondo in guerra, dappertutto!
Qualcuno mi diceva: lei sa, padre, che siamo nella terza guerra mondiale, ma
fatta a pezzi. A capitoli. È un mondo in guerra dove si fanno queste
crudeltà. Vorrei fermarmi su due parole. La prima è crudeltà. Ora i bambini
non contano! Una volta si parlava di una guerra convenzionale, ora questo non
conta. Non dico che le guerre convenzionali siano cosa buona, no. Ma oggi va la
bomba e ammazza l’innocente con il colpevole, il bambino con la donna, la
mamma: ammazza tutti. Ma vogliamo fermarci a pensare un po’ al livello di
crudeltà a cui siamo arrivati? E questo ci deve spaventare. Non è per fare
paura. Il livello di crudeltà della umanità in questo momento è da
spaventare un po’».
«L’altra
parola è tortura. Oggi la tortura è uno dei mezzi dire quasi ordinari nei
comportamenti dei servizi di intelligence e in alcuni processi giudiziari... E
la tortura è un peccato contro l’umanità, un delitto contro umanità. Ai
cattolici dico: torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave. Ma
è di più: è un peccato contro l’umanità. Crudeltà e tortura. Mi piacerebbe
tanto che voi nei vostri media faceste una riflessione su qual è oggi il
livello di crudeltà dell'umanità e cosa pensate della tortura. Credo ci
farebbe bene a tutti riflettere su questo».
8)
Lei ha una vita molto impegnativa, molto serrata. Poco riposo, niente vacanze.
Viaggi massacranti. C’è da preoccuparsi da ritmo che lei tiene?
«Sì,
qualcuno me lo ha detto. Io ho passato le vacanze a casa, come faccio di
solito. Una volta io ho letto un libro, interessante, che s'titolava:
"Rallegrati di essere nevrotico". Anche io ho alcune nevrosi e
bisogna curarle bene eh? La mia è che sono
9)
Quando la folla diceva Francesco, Francesco, a Rio, lei rispondeva Cristo,
Cristo. Oggi lei come gestisce questa immensa popolarità? Come la vive?
«Io
la vivo ringraziando il Signore che il suo popolo sia felice, augurando al
popolo il meglio. La vivo come generosità del popolo, quello vero..
Interiormente cerco di pensare ai miei peccati, ai miei sbagli, per non
“credermela” (espressione in lingua spagnola che equivale a: "credersi
importante"), perché io so che questo durerà come me, due o tre anni e
poi... alla casa del Padre! La vivo come la presenza del Signore nel suo popolo
che usa al vescovo che è il pastore del popolo per manifestare tante cose. La
vivo più naturalmente di prima, perché mi spaventava un po’».
10)
Come vive in Vaticano, al di là del lavoro?
«Cerco
di essere più libero. Ci sono appuntamenti di ufficio di lavoro, la vita per
me è la più normale che si possa fare. Mi piacerebbe uscire ma non si può,
ma non si può. Poi a Santa Marta faccio la vita normale di lavoro, di riposo,
chiacchiere... Se mi sento prigioniero? No. All’inizio sì, ma sono caduti
alcuni muri... per esempio, per ridere: il Papa non poteva scendere in
ascensore da solo, subito qualcuno veniva ad accompagnarlo! "Ma tu vai al
tu posto che io scendo in ascensore da solo! È finita la storia, e così eh..
la normalità, una normalità»
11.
La sua squadra, il San Lorenzo, è diventata campione di America per la prima
volta, come lo sta vivendo?
«È
una buona notizia, dopo il secondo posto del Brasile! L’ho saputo a Seul, me lo
hanno detto. E mi hanno detto che mercoledì vengono all’udienza pubblica. Per
me il San Lorenzo è la squadra di cui tutta la mia famiglia era tifosa».
12)
La prossima enciclica dedicata alla salvaguardia del creato
«Di
questa enciclica, ho parlato tanto con il cardinale Turkson e anche con altri e
ho chiesto al Turkson di raccogliere tutti i contributi arrivati. Prima del
viaggio, il cardinale mi ha consegnato la prima bozza. È grossa così (fa gesto
ampio, ndr), un terzo di più dell’Evangelii Gaudium. È la prima bozza. Si
tratta di un problema non facile perché sulla custodia del Creato, anche
l’ecologia - c’è una ecologia umana - si
può
parlare con una certa sicurezza solo fino ad un certo punto. Poi vengono le
ipotesi scientifiche, alcuni abbastanza sicure, altre no. E una enciclica che
deve essere magisteriale deve andare avanti soltanto sulle sicurezze, sulle
cose che sono sicure. Se il Papa dice che il centro dell’universo è la terra e
non il sole, sbaglia perché dice una cosa che scientificamente non va. Così
succede adesso, dobbiamo fare lo studio paragrafo per paragrafo. Credo che
diventerà più piccola perché bisogna andare all’essenziale, è quel che si
può affermare con sicurezza. Si può mettere nelle note a pie' di pagina che
su questo c’è questa ipotesi o quest'altra. Ma darlo come informazione, non
nel corpo di un’enciclica che è dottrinale e deve essere sicura».
(Padre
lombardi: abbiamo fatto 12 domande si vuole fermare e vuole andare a mangiare?
Facciamo un altro giro?)
Papa:
«Dipende dalla loro fame»
13)
Una nuova domanda sulle «donne di conforto» costrette e sulla divisione della
Corea
«Oggi
queste donne erano lì perché malgrado tutto quello che hanno sofferto hanno dignità
e hanno messo la faccia. E ho pensato questo, ho pensato alla guerra e alle
crudeltà delle guerre a queste donne sono state sfruttate, sono state
schiavizzate sono crudeltà tutto questo. Ho pensato alla dignità che loro
hanno e anche quanto hanno sofferto e la sofferenza è un’eredità. I primi
martiri della Chiesa dicevano che il sangue dei martiri è seme di cristiani ,
voi coreani avete seminato tanto tanto, per coerenza. Si vede adesso il frutto
di quella semina dei martiri. Sulla Corea del Nord so che è una sofferenza,
una la so sicuro, che ci sono alcuni parenti, tanti parenti che non possono
ritrovarsi, questo fa soffrire, quello è vero. È una sofferenza di quella
divisione del paese, oggi in Cattedrale, dove io ho indossato i paramenti per
messa, c’era un regalo che mi hanno fatto, una corona di spine di Cristo, fatta
con il filo di ferro che divide le due parti dell’unica Corea. E lo portiamo
sull’aereo, ma è un regalo che io lo porto... la sofferenza della divisione di
una famiglia divisa. Io come ho detto ieri, parlando ai vescovi, lo ricordo:
abbiamo ancora speranza, le due Coree sono sorelle e parlano la stessa lingua.
Quando si parla la stessa lingua è perché si ha la stessa madre e questo ci
da speranza. La sofferenza della divisione è grande. Io capisco e prego
perché finisca».
14)
la beatificazione dell'arcivescovo salvadoregno Oscar Romero
«La
causa era bloccata, si diceva per prudenza, alla Congregazione della dottrina
della fede. Adesso è sbloccata. È passata alla Congregazione per i santi e
segue la strada normale di un processo, dipende di come si muovono i
postulatori. È molto importante di farlo in fretta. Perché io quello che
vorrei è che si chiarisca quando c’è
il
martirio in odium fidei, sia per confessare il Credo, sia per fare le opere che
Gesù ci comanda con il prossimo. Questo è un lavoro dei teologi che lo stanno
studiando. Dietro Romero c’è Rutilio Grande e ci sono altri. Altri che sono
stati uccisi che non sono della stessa altezza di Romero, si deve distinguere
teologicamente tutto questo. Per me Romero è un uomo di Dio. Si deve
continuare processo, il Signore deva dare un suo segno, se Lui lo vuole fare,
lo farà. Adesso i postulatori devono muoversi perché non ci sono più
impedimenti».
15)
Il fallimento della preghiera per la pace: subito dopo i missili e le bombe su
Gaza
«La
preghiera per la pace assolutamente non è stato un fallimento: in primo luogo
non era un'iniziativa uscita da me, l’iniziativa di pregare insieme è venuta
dai due presidenti, dal presidente dello Stato di Israele e dal presidente
dello Stato di Palestina. Loro mi hanno fatto arrivare questa inquietudine. Poi
potevamo farla là durante il viaggio, ma non si trovava il posto giusto, il
costo politico per ognuno sarebbe stato molto forte, se andava da una parte o
dall'altra. La nunziatura era un posto neutrale, ma per arrivare in nunziatura
il presidente dello stato di Palestina doveva entrare in Israele, la cosa non
era facile. E loro mi hanno detto facciamo in Vaticano, noi veniamo. Questi due
uomini sono uomini di pace, sono uomini che credono in Dio e hanno vissuto
tante cose brutte, tante cose brutte, e sono convinti che l’unica strada per
risolvere la questone è il negoziato, il dialogo, la pace. La sua domanda
adesso: E’ stato un fallimento? Io credo che la porta sia aperta. Tutti quattro
con i rappresentanti, Bartolomeo, Patriarcadell’ortodossia, ma non vorrei usare
termini che forse non piacciono a tutti gli ortodossi, con il Patriarca
Ecumenico si voleva proprio che fosse comune la forza della preghiera, e si
diceva, si deve pregare è un dono di Dio, la pace è un dono che si merita con
il nostro lavoro, ma è un dono. E dire all’umanità che anche la sala del
negoziato che è quella importante è la sala della preghiera. Dopo questo è
arrivato quello che è arrivato. Ma questo è congiunturale. Quell’incontro non
era congiunturale è un passo fondamentale dell’atteggiamento umano, una
preghiera. Adesso il fumo delle bombe delle guerre non lasciano vedere la
porta, ma la porta è rimasta aperta da quel momento. Ma io credo in Dio, credo
nel Signore, quella porta è rimasta aperta e chiediamo che Lui ci aiuti. Ma mi
piace quella domanda grazie, grazie per averla fatta».
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